Basilica di Santa Croce, gioiello del barocco leccese

CONOSCIUTA SOPRATTUTTO PER LA RICCHEZZA DECORATIVA DEL ROSONE CENTRALE, LA CHIESA DI SANTA CROCE, ATTRAVERSO UN RICCO REPERTORIO DI IMMAGINI, RACCONTA IL TRIONFO DELLA CRISTIANITÀ. COLPISCE L’OCCHIO L’ESUBERANZA DELLA FACCIATA DOVE A FIGURE CELESTIALI DI ANGELI E SANTI SI CONTRAPPONGONO IMMAGINI DI UOMINI E FIGURE QUASI BESTIALI

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Note storiche e architettoniche

Al loro arrivo a Lecce nel XIV secolo i Celestini costruirono la Chiesa di Santa Croce, per ospitare le reliquie della Vera Croce, nei pressi del Castello di Lecce. L’antica chiesa fu abbattuta durante i lavori di ingrandimento del castello voluti da Carlo V alla metà del Cinquecento. L’attuale struttura fu edificata tra il 1549 e il 1646 nell’antico quartiere di San Martino, che in età medievale ospitava la Giudecca fino al 1541, anno di espulsione degli Ebrei dal Regno di Napoli.
Contribuirono alla costruzione e decorazione della chiesa i più importanti scultori e architetti del Rinascimento e del Barocco leccese, tra cui Gabriele Riccardi, Cesare Penna e Francesco Antonio Zimbalo.
La struttura interna illuminata dalla cupola cinquecentesca presenta altari barocchi tra cui spicca per rilevanza artistica quello di San Francesco da Paola, opera di Francesco Antonio Zimbalo.

Facciata

L’articolato prospetto della chiesa è frutto di interventi che si sono susseguiti nell’arco di un secolo. L’ordine inferiore conserva un gusto ancora tipicamente cinquecentesco e rinascimentale, mentre nell’ordine superiore pienamente seicentesco esplode il Barocco. Tra i due ordini, sopra un fregio continuo con al centro la dedica della chiesa Templum hoc Deo Crucis vexillo dicatum (A Dio e al Vessillo della Croce), corre una imponente balaustra lapidea sormontata da tredici puttini e sorretta da mensole zoomorfe e antropomorfe di forte significato simbolico: figure di soldati orientali, animali reali e fantastici, tipici dei Bestiari medievali.

Le complesse immagini vengono generalmente interpretate come un riferimento alla battaglia di Lepanto (1571) che portò alla sconfitta della flotta dell’Impero Ottomano ad opera della Lega Santa e in generale alla vittoria delle forze del bene su quelle del male, al Trionfo della Croce.

Altare di Sant'Oronzo

“1743 / FOI S. RONZU CI NI LEBERAU / DE LU GRA TERRAMOTU, CI FACIU / A BINTI DE FREBARU: TREMULAU / LA CETATE NU PIEZZU, E NO CADIU. / IDDU, IDDU DE CELU LA GUARDAU, / E NUDDU DE LA GENTE NDE PATIU. / E’ RANDE, SANTU! MA DE LI SANTUNI / FACE RAZIE, E MERACULI A MIGLIUNI”

[1743. Fu Sant’Oronzo che ci liberò dal grande terremoto che fece il 20 di febbraio: tremò la città per un pezzo, e non cadde. Lui, lui, dal cielo la guardò, e nessuno tra la popolazione ne soffrì. È grande, Santo! Anzi, uno dei Santi più grandi – santoni – e fa grazie e miracoli a milioni]

Esempio di devozione popolare, l’interessante tela raffigura Sant’Oronzo che salva Lecce dal terremoto del 1743, come recitano i versi in dialetto leccese che raccontano l’evento e che vede oggi i turisti cimentarsi in letture e traduzioni.

Altare di San Francesco da Paola

Evocano ricami di pizzi e merletti le minuziose decorazioni delle colonne dell’altare di San Francesco da Paola, realizzato da Francesco Antonio Zimbalo tra il 1614 e il 1615.

Particolare è la struttura a trittico dove al centro il santo è raffigurato in una tela ottocentesca che sostituisce una più antica statua. Nelle ante laterali, come in un racconto, 12 rilievi illustrano episodi miracolosi della vita del santo visionario. Di particolare interesse alcune scene relative alla presa di Otranto da parte dei Turchi nel 1480. Si racconta infatti che San Francesco avesse previsto la caduta di Otranto in mano ai Turchi avvisando però inutilmente i regnanti aragonesi. Otranto fu presa e rimase un anno in mano turca. Oggi il santo è, insieme ai celebri Martiri Idruntini, compatrono della città.

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